L’età pensionabile per la pensione di vecchiaia in Italia subirà un nuovo aumento, superando il tradizionale limite dei 67 anni.
Le novità, parte integrante della legge di Bilancio 2025 e delle disposizioni sul sistema previdenziale, impattano significativamente su chi si avvicina al momento del pensionamento, in un contesto in cui la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale è al centro del dibattito politico ed economico.
Il meccanismo che regola l’età pensionabile in Italia è strettamente legato all’andamento della speranza di vita, certificata periodicamente dall’ISTAT. Dal 2027 scatterà un incremento dell’età per la pensione di vecchiaia, portando l’asticella a 67 anni e 1 mese, con un ulteriore incremento di 2 mesi previsto per il 2028. Questa decisione arriva dopo la conferma dell’aumento della vita media degli italiani, che ha fatto scattare l’adeguamento automatico previsto dalla legge Fornero.
Il governo Meloni, insediato dal 2022 e attualmente in carica, pur avendo valutato la possibilità di bloccare l’aumento, ha optato per una soluzione più graduale e sostenibile, evitando così un impatto eccessivo sulle casse dello Stato. La sterilizzazione totale dell’incremento, che avrebbe richiesto circa 3 miliardi di euro, è stata quindi sostituita da una distribuzione diluita dell’aumento nei prossimi due anni.
Questa riforma riflette un principio fondamentale: se la vita si allunga, anche il momento dell’accesso alla pensione deve spostarsi in avanti, per mantenere l’equilibrio economico del sistema previdenziale pubblico.
Requisiti per la pensione di vecchiaia e pensione contributiva
Oltre all’innalzamento dell’età anagrafica, la normativa vigente prevede requisiti contributivi minimi diversi a seconda delle categorie di lavoratori. Per i cosiddetti “contributivi puri” – coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 o versano contributi alla Gestione Separata – la soglia minima di contributi per accedere alla pensione di vecchiaia è fissata a 5 anni. Tuttavia, per ottenere un assegno pensionistico adeguato, è necessario rispettare anche un requisito economico: l’assegno deve essere pari o superiore a 538,68 euro mensili (circa 7.000 euro annui). Se tale soglia non viene raggiunta, il pensionamento può essere posticipato fino ai 71 anni, con conseguenze sul valore dell’assegno.
Per tutti gli altri lavoratori, il requisito minimo resta generalmente pari a 20 anni di contributi, salvo alcune eccezioni previste da deroghe specifiche.
Per comprendere l’impatto economico, bisogna considerare che per raggiungere un assegno annuo di circa 7.000 euro, un lavoratore deve aver accumulato un montante contributivo di circa 124.000 euro dopo 20 anni di lavoro, corrispondente a un reddito medio annuo di circa 18.900 euro.
Questo sistema tende a premiare chi ha una carriera lavorativa più stabile e remunerativa, mentre rischia di penalizzare chi ha avuto periodi di lavoro discontinuo o con redditi bassi.

Lavori usuranti e gravosi: le eccezioni all’innalzamento (www.retrogamesplanet.it)
Il governo ha confermato una deroga importante per chi svolge attività lavorative usuranti o gravose. Per questi lavoratori l’aumento dei requisiti anagrafici sarà congelato, replicando quanto già previsto nel 2019. In pratica, chi svolge queste mansioni potrà mantenere i requisiti pensionistici precedenti, a condizione che vengano rispettati criteri specifici per la definizione di tali categorie.
Attualmente, per i lavoratori usuranti o gravosi l’età pensionabile è fissata a 66 anni e 7 mesi con almeno 30 anni di contributi effettivi, escludendo quelli figurativi, volontari o da riscatto. La definizione delle categorie ammesse potrebbe seguire modelli già utilizzati in passato, come Quota 97,6, Ape Sociale o Quota 41 per i lavoratori precoci.
Questa distinzione tra categorie di lavoratori sottolinea la necessità di bilanciare equità sociale e sostenibilità economica del sistema pensionistico.
Gli scenari futuri: il sistema pensionistico italiano verso il 2050
Secondo le proiezioni più recenti, l’età pensionabile continuerà a crescere nel lungo termine, con stime che indicano il raggiungimento di quasi 69 anni entro il 2050. Questo trend è inevitabile se si considera l’aumento continuo della speranza di vita e la necessità di mantenere sostenibile il sistema previdenziale pubblico in Italia.
Il governo Meloni, con l’attuale legislazione e le manovre finanziarie adottate, ha impostato una rotta di gradualità, cercando di contenere l’impatto economico e sociale degli incrementi. Tuttavia, il tema delle pensioni rimane uno dei più delicati e complessi del panorama politico italiano, con possibili ulteriori modifiche a seconda delle condizioni economiche e demografiche future.

L’aumento dell’età pensionabile: cause e impatti (www.retrogamesplanet.it)









