ET per Atari 2600 è stato definito senza pietà come «il videogame più brutto di sempre». E con tanti titoli pessimi usciti nel corso dei decenni, ottenere questo appellativo significa essere un videogioco ingiocabile, creato in fretta e furia e con una grafica orrenda.
Uhm, a ben pensarci sì, la descrizione corrisponde pienamente a ET, pubblicato nel 1982 dal programmatore Howard Scott Warshaw, intervistato di recente dalla Bbc. All’epoca Atari pagò 21 milioni di dollari per aggiudicarsi i diritti del film diretto da Steven Spielberg. Era luglio e Warshaw aveva solo 24 anni, ma era già uno dei programmatori più affermati dell’azienda. «Rimarrà per sempre come il giorno più infame della mia vita — afferma Warshaw — “Dobbiamo portarlo a casa: lo puoi fare?” mi chiese l’ad. E aggiunse: “Ne abbiamo bisogno per il primo settembre”». ET doveva andare in vendita prima di Natale e 30 anni or sono ci volevano diverse settimane per produrre le cassette del gioco. «Avevo 5 settimane per farlo — aggiunge Warshaw —. Normalmente impiegavamo dai sei agli otto mesi per sviluppare un gioco, non cinque settimane». Un’attenuante non da poco per l’allora giovane Warshaw.
IL VOLO IN CALIFORNIA PER CONOSCERE STEVEN SPIELBERG
Il giorno seguente Warshaw volò con un aereo privato dal quartier generale della Atari, che si trovava a Sunnyvale in California, fino a Los Angeles. Lo scopo del volo? Incontrare proprio Steven Spielberg. «L’idea era progettare un gioco che potessi ultimare in sole 5 settimane». Il programmatore aveva ideato una sfida in cui il giocatore doveva aiutare ET a “telefonare a casa”, costruendo un telefono interplanetario. Per trovare i pezzi era necessario districarsi tra agenti segreti e scienziati. Spielberg invece voleva qualcosa di più simile a Pac-Man. «Riuscii a convincerlo a non farlo». Poi si mise al lavoro.
COME REAGÌ IL PUBBLICO
Atari investì 5 milioni di dollari per una campagna pubblicitaria fenomenale, come mai si era vista per un videogame. ET venne stampato in 4 milioni di copie. «Non era un gioco perfetto — ammette Warshaw —. C’erano troppe occasioni dove potevi ritrovarti in una situazione strana. Per un sacco di persone era troppo e smettevano di giocare». ET vendette comunque un milione e mezzo di copie; quasi troppe se pensiamo che dopo 10 minuti ti aveva già stufato. L’investimento di Atari si rivelò un disastro e nel secondo trimestre del 1983 le perdite del gruppo toccarono quota 310 milioni di dollari. Un disastro che portò Warshaw a cambiare lavoro: dapprima divenne agente immobiliare e poi psicoterapeuta: «In parte anche per compensare il senso di perdita e la depressione che avevo provocato con il gioco di ET» dice adesso.
LE CARTUCCE RITROVATE NEL DESERTO
A suo modo ET rimase un titolo leggendario e con il passare degli anni si iniziò a vociferare che nel 1983 Atari avesse seppellito tonnellate di cartucce invendute nel deserto del New Mexico. Fu solo nel 2014 che la città di Alamogordo diede il permesso per effettuare gli scavi, ai quali assistette anche Warshaw. «C’era una fila lunghissima di fan che erano arrivati da tutto il Paese — dice —. Era stranissimo stare seduto lì e guardare letteralmente disseppellire il tuo passato». I giochi vennero ritrovati, assieme ad un pupazzo di ET. «Mi sono commosso moltissimo — ricorda Warshaw —. Il gioco che avevo progettato oltre tre decadi prima continuava a provocare emozioni». Per essere il videogioco più brutto di sempre, ha una storia decisamente più interessante di molti altri, da raccontare.