Il Gruppo Altice ha ufficialmente respinto l’offerta non vincolante presentata congiuntamente da Free (parte del Gruppo Iliad).
Questa proposta, annunciata nella serata del 14 ottobre 2025, mirava a un’importante riorganizzazione del panorama delle telecomunicazioni francese, ma al momento l’operazione sembra arenarsi a causa della decisione di Altice.
L’ipotesi di una ristrutturazione del mercato delle telecomunicazioni francesi, concretizzata nell’offerta congiunta, nasceva dall’intento di ridurre da quattro a tre il numero degli operatori mobili principali nel Paese. Un’idea anticipata già ad agosto 2025 da Thomas Reynaud, amministratore delegato di Iliad Group, che aveva confermato colloqui preliminari in tal senso.
Nel comunicato congiunto, Free, Orange e Bouygues Telecom avevano sottolineato come l’operazione avrebbe garantito la continuità del servizio per i clienti SFR, in un mercato maturo, consentendo al contempo di intensificare gli investimenti sulle reti superveloci, sulla sicurezza informatica e sulle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale. Inoltre, si sarebbe rafforzato il controllo sulle infrastrutture strategiche francesi, mantenendo un ecosistema competitivo a beneficio dei consumatori.
L’offerta prevedeva un valore d’impresa totale di 17 miliardi di euro per gli asset di Altice France interessati, con un valore implicito complessivo superiore a 21 miliardi di euro, basato su stime pubbliche e analisi di mercato. La proposta di ripartizione degli asset era articolata in modo da attribuire a Bouygues Telecom circa il 43% del valore e del prezzo, a Free (Iliad Group) il 30% e a Orange il 27%.
Le ragioni del rifiuto di Altice e la risposta dei tre operatori
Il 15 ottobre 2025, in una comunicazione interna ai dipendenti firmata dal CEO Arthur Dreyfuss, Altice France ha dichiarato di aver respinto l’offerta. La decisione è arrivata in un momento delicato per il gruppo, sotto pressione da mesi a causa dell’elevato indebitamento globale, che supera i 60 miliardi di euro. Recentemente, Altice ha completato una ristrutturazione del debito che ha aperto la porta a possibili cessioni di asset, ma la proposta di acquisto avanzata da Bouygues Telecom, Iliad e Orange non è stata accolta.
In risposta, i tre operatori coinvolti hanno espresso la loro convinzione sull’importanza e la validità del progetto industriale, sottolineando come questo avrebbe preservato un mercato competitivo, sostenuto investimenti infrastrutturali e tutelato gli interessi di clienti, dipendenti, creditori e azionisti. Nel comunicato congiunto hanno ribadito la volontà di mantenere l’offerta e di avviare un dialogo costruttivo con Altice e i suoi azionisti per esplorare possibili sviluppi futuri.

Dettagli dell’offerta e prospettive di mercato (www.retrogamesplanet.it)
L’offerta prevedeva la divisione degli asset di SFR in più segmenti: Bouygues Telecom e Free si sarebbero concentrati principalmente sul segmento Business (B2B), mentre il segmento Consumer (B2C) sarebbe stato distribuito tra i tre operatori. Le infrastrutture e le frequenze sarebbero state condivise, ad eccezione della rete mobile nei territori meno densamente popolati, che sarebbe stata acquisita da Bouygues Telecom.
L’operazione, in caso di accettazione, sarebbe stata soggetta a una fase di due diligence e alla valutazione da parte delle autorità di regolamentazione, oltre al coinvolgimento degli organi di rappresentanza dei lavoratori. Tuttavia, come specificato dagli stessi offerenti, non era garantito che l’offerta avrebbe portato a un accordo definitivo, come effettivamente accaduto.
Il profilo di Altice e il contesto industriale
Altice NV, fondata nel 2001 dall’imprenditore franco-israeliano Patrick Drahi, è una multinazionale olandese attiva in diversi Paesi, tra cui Francia, Belgio, Portogallo, Israele e Stati Uniti. Il gruppo è noto per la sua rapida espansione nel settore delle telecomunicazioni e dei media, ma anche per l’elevato indebitamento che ha caratterizzato la sua crescita.
Negli ultimi anni, Altice ha affrontato diverse difficoltà, tra cui uno scandalo per presunte pratiche corruttive che hanno colpito alcuni dei suoi vertici, e una complessa ristrutturazione finanziaria. Patrick Drahi, che detiene una quota di controllo superiore al 58%, ha ribadito l’impegno per la trasparenza e la riorganizzazione del gruppo.